Pubblicato su Reggionline (vedi articolo originale)
CORREGGIO (Reggio Emilia) – “Il principio di precauzione che
l'Unione Europea raccomanda di perseguire impone, a nostro parere, di
non rilasciare autorizzazioni a qualsivoglia progetto di ricerca e
sfruttamento del sottosuolo”. Così l’associazione Ambiente e Salute di
Correggio e San Martino in Rio risponde all’azienda australiana Po
Valley, la quale aveva richiesto una valutazione dell’impatto ambientale
del progetto di ricerca idrocarburi “Cadelbosco di Sopra”.
Diverse
le osservazioni messe in campo dal Movimento No Triv reggiano sul
progetto, che consiste nella realizzazione di tre pozzi esplorativi nel
comune di Correggio. “L'area è già stata sfruttata da Eni, che ha
abbandonato l'attività poiché coi metodi tradizionali di estrazione non
c'è più convenienza economica – si legge in una nota diffusa in serata,
firmata da da Associazione Ambiente e Salute di Correggio e S.Martino in
Rio e dal Movimento No Triv provincia di Reggio Emilia - L'area di
ricerca è un'area agricola, e quindi possono essere arrecati danni alle
attività agricole, e non solo, a causa dei rischi di inquinamento delle
falde acquifere”.La zona,
inoltre, “è a distanza ravvicinata da abitazioni sparse e dal centro
abitato di Canolo – continua la nota - e si trova molto vicino all'area
di riequilibrio ecologico nota come oasi di Budrio”.Il
territorio, inoltre, sarebbe particolarmente fragile dal punto di vista
geologico, e il ministero dell’Ambiente lo avrebbe “già definito
inidoneo alla realizzazione di un serbatoio sotterraneo di gas”. Il
progetto, infine, “contrasta con il Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale della Provincia di Reggio Emilia, della Convenzione Europea
del Paesaggio, del Piano Paesistico Regionale e della Legge Regionale
20/2000 – continua la nota – e le royalties e la fiscalità a favore
degli enti locali è sicuramente di gran lunga inferiore alle spese che
si dovranno sostenere per le opere di ripristino del territorio”. Non da
ultimo, poi, va considerato il tema del rischio sismico della zona, che
“rende ancora più pericolose queste attività. Nel testo delle
Osservazioni – continua la nota - abbiamo anche affrontato il tema della
sismicità indotta. Esistono sia aree sismiche che aree asismiche, ma
poiché proprio in aree asismiche sono stati rilevati dei terremoti
chiaramente imputabili alle attività antropiche, quali l'estrazione di
idrocarburi o l'iniezione sotto pressione di gas nel sottosuolo, se ne
deduce che anche in zone sismiche le stesse attività possono generare
dei sismi, che a loro volta possono innescare terremoti di faglia. Se da
un lato risulta impossibile attribuire tutta la responsabilità di un
terremoto all'attività antropica, dall'altro non si può nemmeno con
certezza escluderlo, riteniamo quindi che il principio di precauzione
che l'Unione Europea raccomanda sempre e comunque di perseguire,
imponga, a nostro parere, di non rilasciare autorizzazioni a
qualsivoglia progetto di ricerca e sfruttamento del sottosuolo”.Ottenuta
la vicinanza dei comuni interessati alle concessioni e della Provincia,
i comitati auspicano anche che gli enti “mantengano le promesse fatte
di opporsi ai diversi progetti di ricerca con tutti i mezzi in loro
possesso”.
giovedì 28 marzo 2013
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