giovedì 21 marzo 2013

COMUNICATO STAMPA

In merito al progetto di legge presentato dai deputati abruzzesi del PD, con cui si intende modificare l’art. 6, comma 17, del codice dell’ambiente (nel testo risultante dalla modifica effettuata con il “Decreto sviluppo” del 2012), il Coordinamento nazionale No Triv esprime un giudizio moderatamente positivo.
Il progetto in questione conferma il divieto di esercitare attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare nelle aree marine e costiere protette così come nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. “Al di fuori delle medesime aree”, le predette attività resterebbero, invece, autorizzate previa valutazione di impatto ambientale e sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle suddette attività (art. 1, comma 2).

La perplessità principale che il progetto suscita riguarda il comma 2 dell'art. 1, ove si dichiara che "sono privi di efficacia tutti gli atti adottati in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 e quella di entrata in vigore della presente proposta di legge".

Questa previsione appare illegittima, in quanto, qualora nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto Prestigiacomo e l’entrata in vigore della legge proposta fossero stati adottati provvedimenti autorizzatori, le società petrolifere, pienamente tutelate nel loro legittimo affidamento, potrebbero citare in giudizio lo Stato per il risarcimento dei danni arrecati.

Per questa ragione si ritiene opportuno eliminare dal progetto di legge il secondo comma e proporre, proprio al fine di scongiurare che a seguito del riavvio dei procedimenti si giunga al rilascio di un titolo abilitativo, l’adozione di un decreto-legge da parte del (prossimo) Governo. Il decreto, sostenuto da evidenti ragioni di necessità ed urgenza e ferma comunque l’efficacia dei titoli già rilasciati, potrebbe legittimamente intervenire sui procedimenti in corso. Contestualmente occorrerebbe procedere all’istituzione di un tavolo nazionale e avviare un confronto con tutti i soggetti interessati, al fine di discutere sull’opportunità di giungere all’approvazione di una nuova organica e sistematica disciplina degli idrocarburi.

Il Coordinamento nazionale No Triv ritiene opportuno che la futura disciplina degli idrocarburi si colleghi ad un “piano nazionale di programmazione”, sulla base di quel che ammette la direttiva 94/22/CE. Questa, infatti, consente allo Stato di decidere quali parti del proprio territorio aprire o chiudere alla ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi e di limitare dette attività per ragioni di tutela ambientale, di tutela della salute, ecc. (anche in considerazione della peculiare geomorfologia del territorio italiano).
D’altra parte, in conformità all’art. 41 della Costituzione, l’iniziativa economica privata è certamente libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale oppure in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Una diversa prescrizione, invece, risulta dettata per la tutela costituzionale dell’ambiente e della salute, non condizionate ad alcun limite e perciò ritenute assolute.

Più in generale – sul piano delle riforme istituzionali – sarebbe indispensabile tenere vivo e aperto il dibattito intorno alla palesata volontà di riscrittura del Titolo V della Costituzione.
Da questo punto di vista, il disegno di legge di revisione della Costituzione presentato lo scorso anno dal Governo Monti – sebbene decaduto con la fine della Legislatura – non può dirsi condivisibile. Esso, infatti, avrebbe voluto cancellare dalla legislazione concorrente Stato/Regioni la materia dell'energia e riportarla nelle mani dello Stato. Tornare al centralismo di Stato sarebbe, però, antistorico ed oltremodo pericoloso. Occorrerebbe, invece, invertire il senso di marcia. Avere più coraggio. Ritrovare la strada del “federalismo”.
Occorrerebbe superare, intanto, il “bicameralismo perfetto” e trasformare il Senato della Repubblica in una Camera delle Regioni, composta di delegati regionali e non di eletti. Ciò non solo avrebbe immediati riflessi sulla questione dei costi della politica, atteso che i delegati sarebbero già retribuiti dalle Regioni, ma darebbe vita a una più proficua collaborazione tra il livello statale e quello regionale a partire dalla sede legislativa. In questo modo, si avrebbe anche una riduzione del contenzioso costituzionale, atteso che le Regioni, contribuendo alla elaborazione della legislazione dello Stato, sarebbero partecipi delle scelte politiche assunte.
Entro questa prospettiva la materia energia e quella della tutela dell’ambiente troverebbero una differente collocazione. Nel primo caso, essendo la materia strettamente collegata alla politica economica nazionale, l’energia potrebbe essere disciplinata in via esclusiva dallo Stato (con la collaborazione della Camera delle Regioni).
Per quanto concerne, invece, la tutela dell’ambiente, questa potrebbe essere disciplinata in modo inedito, sulla scorta del modello adottato in Germania nel 2006 (potestà legislativa derogatoria).

La legge sulla tutela dell’ambiente sarebbe adottata dal Parlamento, sempre con la collaborazione della Camera delle Regioni. Le Regioni, tuttavia, entro un certo termine stabilito dal Parlamento, potrebbero parzialmente derogare alla disciplina nazionale, ma solo a condizione che accordino all’ambiente una tutela maggiore. Ciò, peraltro, sarebbe anche conforme all'orientamento ormai abbracciato dalla Corte costituzionale italiana.

Il Coordinamento No Triv auspica che chiunque sia interessato fornisca il proprio parere al riguardo, affinché si avvii un proficuo confronto sul tema, in modo da neutralizzare gli effetti più minacciosi insiti nella Strategia energetica nazionale, restituire piena sovranità democratica alle collettività territoriali finora estromesse da ogni decisione politica e preparare il terreno per un progressivo e definitivo passaggio alle energie rinnovabili.

Coordinamento Nazionale No Triv

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