domenica 22 luglio 2012

Report sull'incontro tenutosi a Grumento


Rischio sismico e catena alimentare compromessa per il petrolio in Basilicata.

La Regione e il Dipartimento ambiente sono stati assenti al convegno  su “Petrolio, acqua e rischio sismico in Basilicata” organizzato dal  Comune di Grumento Nova che ha visto gli interventi di tre ricercatori  indipendenti di fama internazionale, dimostrando di non garantire ai  lucani, con questo sprezzante gesto istituzionale, né democrazia né  libertà di valutazioni né serenità nelle scelte intorno al petrolio.  Un motivo in più per la Ola, Organizzazione lucana ambientalista, per  chiedere che il pozzo di reiniezione Monte Alpi 9 or, lungo la faglia  “sismogenetica” di Grumento Nova e del terremoto del 1857 di intensità  pari all' 11 grado della scala Mercalli, non deve entrare in funzione,  e un motivo in più per chiedere che non venga autorizzata l’estrazione  di 26 mila barili al giorno dalle montagne di Marsico Nuovo, nel cui  sottosuolo insistono le numerose sorgenti del fiume Agri. I rischi per  queste due attività estrattive, già autorizzate dalla Regione  Basilicata, sono enormi.


È quello che emerso dalle relazioni presentate dai docenti geologi e  sismologi Albina Colella, professore ordinario dell’Università di  Basilicata, Franco Ortolani, professore ordinario dell’Università  Federico II di Napoli, e Luigi Ferrante, ricercatore e sismologo  dell’Università Federico II di Napoli, al convegno di Grumento Nova su  “Petrolio acqua e rischio sismico in Basilicata”. Un convegno nel  quale è stata anche presentata una relazione del professor Leonardo  Seeber, docente al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia  University, e inviata in maniera specifica per il convegno di Grumento  Nova perché tratta proprio i rischi della reiniezione di liquidi  altamente tossici e ad alta pressione nei pozzi di reiniezione come il  Monte Alpi 9 or che l’Eni cerca di realizzare lungo la faglia sismica  del terremoto del 1857 e sopra importanti bacini idrici del  sottosuolo. Questa relazione è stata pubblicata su riviste  scientifiche internazionali ed è stata presentata anche all’USGS,  United States Geological Survey, l’importante ente di geologia degli  Stati Uniti, che di recente ha intensificato gli studi e le  valutazioni sulle correlazioni tra l’attività estrattiva e i terremoti.

La professoressa Albina Colella ha mostrato la dimensione della  ricchezza di bacini idrici e delle falde del sottosuolo lucano,  pubblicati nel 2003 nello studio “valutazione, caratterizzazione e  monitoraggio delle risorse idriche sotterranee dell’alta Val d’Agri”,  ha parlato del rischio per la salute umana legati al possibile  inquinamento del circuito dell’acqua con le sostanze chimiche usate  per perforare e con le possibili fuoriuscite di idrocarburi durante  l’attività estrattiva. Dallo studio della professoressa dell’Unibas è  apparso evidente anche ai profani che è quasi impossibile in  Basilicata perforare senza incrociare falde e bacini idrici. La  professoressa ha anche illustrato la condizione dei bacini idrici di  superficie, denunciando la presenza di idrocarburi e metalli pesanti  addirittura nei sedimenti della diga del Pertusillo. Si ricorda che  questa fotografia della condizione dei fondali del Pertusillo è legata  ai 91 mila barili al giorno attualmente estratti e che il Memorandum  controsiglato da Vito de Filippo per la Basilicata, e da Guido  Viceconte, per il Governo di Roma, prevede di raddoppiare tale  capacità nei prossimi anni. Raddoppiando l’inquinamento delle acque  lucane di superficie e di profondità?
È la domanda che la Ola rivolge all’assessore all’ambiente, Vilma  Mazzocco, ed ai superpagati dirigenti del Dipartimento ambiente, nella  certezza che non risponderanno, visto che non hanno sentito neanche il  dovere istituzionale di presenziare a un convegno con partecipanti  riconosciuti a livello internazionale per le loro pubblicazioni. Forse  perché i tre ricercatori sono indipendenti e non consulenti di società  minerarie?
Il professor Ortolani, che ha anche spiegato come le attività  estrattive possono influenzare la sismicità dell’area e ha illustrato  la conformazione delle rocce del sottosuolo della Val d’Agri,  spiegando ai presenti sia i rischi sismici della frantumazione di  questi strati rocciosi e sia il rischio per le sorgenti idriche dovuto  alle attività estrattive in altura, ha posto anche l’accento sul  doppio ruolo di professori universitari, di giorno e consulenti di  società minerarie, e di enti pubblici di notte. Chiedendo che in  merito alle attività estrattive in atto in Basilicata si arrivi a una  sospensione, ovvero ad una pausa di riflessione affermando che «le  leggi in merito alle attività di estrazioni sono vecchie di mezzo  secolo, mentre le tecnologie estrattive, di pari passo con le  conoscenze geologiche, sono molto più intense e complete rispetto ai  tempi di Enrico Mattei. Da qui la necessità di capire, fermando tutte  le attività petrolifere in atto, per comprendere come muoversi nel  rispetto dovuto al territorio, alla salute dei cittadini e alle  necessità di una corretta crescita economia». Ortolani ha anche  denunciato l’assenza nelle Via, Valutazioni di impatto ambientale, di  relazioni tecniche e scientifiche pubblicate su riviste internazionali  e l’assenza di valutazioni inerenti gli effetti sismici indotti dalle  attività estrattive e viceversa (si pensi ai possibili cedimenti delle  camiciature dei pozzi dovute ad un possibile sisma in Val d'Agri),  mentre non mancano mai semplici relazioni di consulenti «più o meno  distratti dagli interessi che l’oro nero sviluppa».

L’Eni, dunque, secondo la Ola, deve rinunciare – col pozzo di  reiniezione Monte Alpi 9 or – a reimmettere acqua di produzione e del  centro olio di Viggiano altamente inquinante in un’area ricca di falde  acquifere e bacini sotterranei, mentre la Regione Basilicata, una  volta tanto, pensi al territorio, all’incolumità di case e abitanti, e  a svolgere la sua funzione di mediatrice tra le esigenze dell’ambiente  e quelle commerciali delle società minerarie, esercitando tutto il suo  potere per distogliere l’Eni da un abuso sociale di tale portata,  rinunciando alla pratica di "atti di fede" nelle valutazioni  ambientali. Inoltre, sempre la Regione, blocchi l’estrazione di 26  mila barili al giorno dai monti di Marsico, allontanando con tale  decisione i rischi che queste perforazioni in altura inquinino «per  generazioni umane le sorgenti idriche dell’Agri».

Il professore Ferranti – che ha parlato anche dell’esistenza di una  sismicità indotta sia dalla diga che dalle perforazioni in atto in Val  d’Agri e che da 20 anni studia la sismicità della Val d’Agri –, ha  dimostrato come la similitudine tra la faglia sismica del terremoto  del 1980 in Irpinia, ben evidenziata e catalogata, con una faglia  sismica a ridosso del monte su cui si erge Grumento Nova, possa far  parlare, per quest’ultima, di una possibile localizzazione della  temibile faglia sismica del terribile terremoto del 1857, da Ferranti  stesso definita «sismogenetica», cioè, capace di generare un terremoto.

E proprio a 800 metri da questa faglia sismogenetica che mostra  attività di superficie e di profondità, che l’Eni ha chiesto di  realizzare il pozzo di reiniezione Monte Alpi 9 or che frantumerà le  rocce sottostanti, data l’alta pressione di esercizio, e che la  Regione Basilicata, senza avere il minimo dubbio (e senza avere la  necessità di ascoltare le voci e le relazioni di scienziati  indipendenti), ha già autorizzato, mentre il piccolo Comune di  Grumento si oppone.

La Ola, nel rinnovare la sua solidarietà al Comune di Grumento ed al  giusto principio di precauzione invocato dal sindaco Vertunni, informa  che per il pozzo Monte Alpi 9 or e per le estrazioni lungo le sorgenti  dell’Agri si rivolgerà alla Commissione Europea per i Diritti  dell’Uomo, e sta valutando con altre associazioni e con i propri  legali la possibilità di un’azione legale nei confronti della Regione  Basilicata.

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